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mercoledì 9 gennaio 2013

AUDIOVERSI (XIII) - "Girotondo" di Alfonso Gatto

di Paolo Steffan

"Girotondo": un gioco puerile, un gioco di parole; è stata una sorpresa, conoscendo un po' di quel Gatto grande poeta ermetico, di cui tengo nello scaffale a fianco al letto il volume di Tutte le poesie (Oscar Mondadori), trovare questo Girotondo, tra le pagine di un libro per le scuole elementari. Divertito, l'ho imparato a memoria, con una cara bambina, un po' bambino anch'io. L'ho poi cercato, affannosamente, tra "tutte le poesie", ma non c'era. Così bello, così tondo e giocoso, questo Girotondo: non c'era.
Ho allora scoperto che, dal mio volume sempre vicino al letto, una raccolta di poesie per bambini era stata esclusa: forse, perché "per bambini", mi sono detto. Ma poi, scovando questo libro, ho scoperto che il suo titolo completo rivelava che, queste poesie, sono anche per me, per noi tutti: Alfonso Gatto, Il Vaporetto. Poesie, fiabe, rime, ballate per i bambini di ogni età (1963). Sì, "per i bambini di ogni età", che è molto di più!

Dedico a due piccole amiche: ad Alessandra, che mi ha fatto conoscere questo Girotondo, e a Viola, autrice del bel disegno che fa da sfondo alla lettura.






mercoledì 24 ottobre 2012

AUDIOVERSI (XII) - Frammento 179 di Stéphane Mallarmé (da "Per una tomba di Anatole")

di Paolo Steffan

Oltre un centinaio di pagine di frammenti incompiuti, ma di compiuta sofferenza. La più viscerale delle sofferenze: la perdita di un figlio. E il padre, qui, è Mallarmé. Il frammento 179 è solo uno delle due centinaia di poesie che il poeta non volle pubblicate e che, dunque, uscirono postume. Le scrisse dopo la morte per malattia del suo piccolo Anatole, avvenuta nel 1879. Sicuramente la poesia non può ridare la vita, né - seppure questo sia un cliché classico e ancora diffuso - eternare; ma certo, più di ogni altra espressione dell'ingegno umano, la poesia "può", semplicemente: e, così, anche i frammenti dedicati alla tragedia di Anatole possono molto.

La traduzione è di Cosimo Ortesta (ed. SE 1992), la musica scelta come cornice è di Luciano Berio, l'immagine è un particolare di affesco di Francesco da Milano (XVI sec.).



lunedì 8 ottobre 2012

AUDIOVERSI (XI) - Da "Shorts" di W. H. Auden

di Paolo Steffan

Per la prima volta questa rubrica va oltre confine, con le brevità di W. H. Auden. Le composizioni finite sotto il titolo di Shorts (e che leggo nell'edizione italiana a cura di Gilberto Forti) mi sanno fare compagnia come poche altre cose, in certi pomeriggi di noia casalinga, o nei ritagli di tempo veneziani... Saggezza e ironia, schiettezza e enigma, verità e caso. Sono alcune delle tante parole che, così accostate, mi ricordano questi versetti di Auden.

Qui se n'è scelto uno soltanto, nel quale si rivelerà l'identità della musica che lo avvolge.




martedì 14 agosto 2012

AUDIOVERSI (X) - "Una strana gioia di vivere" (I-X) di Sandro Penna

di Paolo Steffan

Sandro Penna. Le sue brevità. Sanno di pelle, d'estate, di sudore e amore, amore della vita, del vivere più semplice. Vivere di "una strana gioia", che è la stessa che ho provato anche io, quando ho letto questa raccoltina: versi composti nell'arco cronologico 1949-55. Trenta poesie in tutto; qui ne sono lette le prime dieci, le successive, preferisco lasciarle alla lettura di ciascuno, che sicuramente le saprà leggere meglio di me, che sono qui per divulgare, invitare a...

Che dire? Basti ricordare che ho aperto da poco un nuovo blog (ancora poco attivo, ma che nei prossimi mesi si vivacizzerà) e l'ho chiamato "Una strana gioia": e il riferimento, oltre che ad una scena di Camus, è a questi versi, al cui ascolto e, meglio ancora, alla cui lettura, vi esorto con gioia...



Sandro Penna (con Pasolini)

domenica 22 luglio 2012

AUDIOVERSI (IX) - "SMS" di Roberto Mussapi

di Paolo Steffan

Nella puntata scorsa avevo letto un testo di Guido Ceronetti; quest'autore torna utile come elemento di raffronto, essendo stato pubblicato - due settimane fa sul Corriere della Sera - proprio un suo articolo dal titolo Maledetto telefonino, pulce con lo stomaco da elefante e sottotitolato "Le riflessioni apocalittiche del filosofo dopo l'acquisto del suo primo cellulare: la corsa a modelli sempre più nuovi spinge l'umanità nel baratro"; non nego di essere il primo a provvedere spesso al lancio del cellulare, causa un'insofferenza bestiale per un aggeggio che ha sconvolto il modo di comunicare, anzi proprio il modo di vivere!, dell'umanità, e nel telefonino scorgo anche io un senso di baratro, come dice Ceronetti... il quale, però, trovo sempre (inutilmente) esagerato!

Infatti - e veniamo a noi - il telefonino è anche qualcosa d'altro: può avere in sé - un sé di fatto microscopico, ma nel quale è invece contenuto un vero e proprio "stomaco da elefante" - qualcosa di straordinariamente grande; è quanto riescono magicamente a comunicarci i versi di Roberto Mussapi che leggo oggi, dalla raccolta del 2007 La stoffa dell'ombra e delle cose (unico prezioso libello che posseggo di questo poeta). Tanto più significativa è, nel nostro discorso, l'esperienza di SMS, se si tiene conto che Mussapi è profondo conoscitore e traduttore dei classici, come il citato Ceronetti... Ma ora basta con polemiche e preamboli, voce ai versi!

... il mio cellulare, che ringrazio
per la collaborazione all'audio...

domenica 24 giugno 2012

AUDIOVERSI (VIII) - "Alla Luna, venendo da Lei il piede umano, per il suo male" di Guido Ceronetti

di Paolo Steffan

Tra circa un mese sarà l'ennesimo anniversario (il XLIII per la precisione) di quel vero o presunto allunaggio che, nel '69 e negli anni precedenti e successivi ad esso, tanti dibattiti e scontri e scetticismi e ottimismi ha causato. Il maggiore oppositore delle spedizioni lunari nella nostra letteratura è stato Guido Ceronetti, un intellettuale controverso dall'altrettanto controverso stile di scrittura; egli ha messo assieme e pubblicato nel '71 un volume intitolato Difesa della Luna e altri argomenti di miseria terrestre. Si tratta di un prosimetro, cioè un testo alternativamente composto di prose e poesie: contento di averlo conosciuto e letto, seppure solo in parte, trovo folli e spesso non belli - specie nei versi - sia lo stile che i contenuti. Purtuttavia lo scialo mostruoso di intellettualismi, elitarismi e spocchiosismi - Ceronetti magari si arrabbierà che tali io li ritenga, piccolo insetto che sono con la mia cultura minima al cospetto dell'immensa sua, spaziante dalla Bibbia in lingua originale agli affascinanti classici - meritava che io mi ci cimentassi, per ricordare questo libro dimenticato dagli uomini e da Dio (e dagli dèi che ne popolano alcune pagine). Perché, alla fine, anche nella sua quasi illeggibilità, la Difesa della Luna resta una prova alta di stile (in parte fallita - credo - ma alta, troppo alta) in cui si apprezzano soprattutto certe invettive magistralmente gestite, ma che - a distanza e non più scottante il tema - rischiano di rivelarsi, in alcune pagine e a un lettore odierno, piuttosto da riderci che da prendere sul serio...
Venendo ai versi nei quali - forse con ancor più scarsi risultati - mi cimento, essi sono quelli di una novella invocazione Alla Luna (stavolta per ribellarsi cruentemente all'allunaggio) che forse è tra i testi che rimangono più simpatici, insieme al successivo e apprezzato Ultimo dialogo della Terra e della Luna, proprio per i riflessi leopardiani; a Leopardi e alla sua Luna è peraltro dedicato anche un capitolo (Intatta Luna) non privo di fascino. Insomma, se devo sentenziare: molto meglio le parti in prosa che i versi, ma qui - si sa - è a quest'ultimi che si deve dare la precedenza...

Caspar David Friedrich, Due uomini contemplano la Luna (1825-30)

domenica 10 giugno 2012

AUDIOVERSI (VII) - Dal "Poema a fumetti" di Dino Buzzati

di Paolo Steffan

 Nella mia formazione di lettore, lentissima e tarda, hanno avuto fin dalla prima infanzia un'importanza fondamentale i fumetti, specificamente Diabolik e, soprattutto, Topolino. Quando mi è capitato tra le mani, dunque, pochi mesi fa, il Poema a fumetti di Dino Buzzati, per me è stata una folgorazione. Magistrali disegni, un tocco d'ironia nell'incipit e poi l'abisso del mito: Orfeo e Euridice nel mondo d'oggi e nell'altro mondo di sempre. Poesia allo stato puro, che cola dalle pagine in forma di parole e colore, con un eccezionale surplus di seni e natiche che fuoriescono da ogni pagina, fino all'ossessione: un'ossessione - amore/morte - che non ti abbandona, se mesi dopo, senti la necessità di scegliere una pagina delle più memorabili e di leggerla, e rileggerla, e tentare di registrarla non essendone mai soddisfatto abbastanza, perché lì - sulla carta - è così bella, fascinosa, lussuriosa e, poi, tragica, com'è nelle vene di chi ancora sa scrivere nel nostro Occidente decadente: e Buzzati sa farlo, in una prosa d'arte che completa l'arte dell'immagine. Qui - negli "Audioversi" - ovviamente restano solo le parole...

La copertina della prima edizione del Poema a fumetti

sabato 26 maggio 2012

AUDIOVERSI (VI) - "Nel disumano" di Eugenio Montale

di Paolo Steffan

Nel disumano, poesia del Quaderno di quattro anni di Montale, è uno di quei testi dei quali è così difficile parlare, che non resta che lasciare la voce ai versi stessi, i quali ci fanno smottare - non senza un pizzico di ironia - "nel disumano", nella morte. Si è arrivati qui da lontano, da un lungo percorso conoscitivo che procederà e che ha durata equivalente a tutta l'opera in versi di Montale, della quale i Mottetti sono fra gli esiti più alti. Cito i Mottetti, perché - nel presentare l'audioverso montaliano - mi sono limitato ad un'associazione (certo contestabile) con un brano che s'intitotola Motettu de tristura (letteralmente 'Mottetto di tristezza') dal folklore sardo, musicato da Luciano Berio (Folk songs, 1964): è "una triste canzone sarda rivolta a un usignolo", come recita il libretto del disco, essa infatti parla di "cand'happess interrada", insomma di 'quando sarò sotto terra', là dov'è la Mosca nel disumano di Montale, facendogli "orrore" con le sue "quattro ossa" sepolte in quello che lei forse credeva un "posto migliore", volendolo raggiungere più "in fretta" di lui...

[Lo sfondo del video è un particolare di una mia pittura incompiuta, con cipressi.]

Chiesetta con cipressi di Paolo Steffan

Nota fuori tema: avviso eventuali interessati che nel mio nuovo blog "Una strana gioia" è disponibile un mio nuovo saggio breve scaricabile in pdf: Saviano e Taviani: "Una sorta di falso vero". Stili e temi in Gomorra e Cesare deve morire: l'ombra del neo-pasolinismo. [PS]

giovedì 3 maggio 2012

AUDIOVERSI (V c) - "Sei la terra e la morte" di Cesare Pavese

di Paolo Steffan

Terza e ultima parte della quinta puntata dedicata a Pavese. Talvolta è bello accompagnare il suono della lingua con quelle sonorità umide o terrigne da cui la poesia è venuta, cioè inseguirla a ritroso, verso quegli elementi dai quali tutto è stato originato. Sei la terra e la morte ha dentro sé la matericità della terra, l'immaterialità della morte: impastate d'umano e inframmezzate da qualche gorgoglio d'acqua, che accompagna nel migliore dei modi, arricchendola, la mia povera voce.

 Un pericoloso ma fascinoso anfratto dei "miei" colli, luogo di una delle registrazioni

lunedì 30 aprile 2012

AUDIOVERSI (V b) - "Anche tu sei collina" di Cesare Pavese

di Paolo Steffan

Ecco la seconda parte della quinta puntata dedicata a Pavese (per cui vale l'introduzione alla prima: Audioversi (V a) - "Tu sei come una terra" di Cesare Pavese).
La registrazione è avvenuta di un angolo abbandonato e di non facile raggiungimento dei colli alto-trevigiani; il rumorio di fondo è di una bella pioggia d'acqua che cadeva dalla parete rocciosa che sovrasta il punto da cui ho ripreso; spero apprezzerete che abbia rischiato quella "morte" del titolo del libro da cui traggo, in quanto attaccato da una vipera nascosta poco lontano dal punto da cui leggo... Ma per la letteratura e per Corrente Improvvisa, questo e altro.

Il pericoloso ma fascinoso anfratto dei "miei" colli, dal quale ho registrato

sabato 28 aprile 2012

AUDIOVERSI (V a) - "Tu sei come una terra" di Cesare Pavese

di Paolo Steffan

Non credo che sia (propriamente) bella, la poesia di Cesare Pavese. Eppure ha un fascino tutto suo, che me la fa amare, soprattutto quella di La terra e la morte, da cui qui leggo, e di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: perché qui, attraverso forme che non hanno la prolissità di buona parte di Lavorare stanca, riesce quell'impasto unico di terra e carne, di sangue e vita, di morte e amore, di fuoco e luna di notte, che tutto ha del nostro essere uomini, esserlo da dentro. Sì, ne ha tutti gli elementi primari, in un impasto (fortunatamente) mai troppo perfetto e che, nella sua grezza (im)perfezione talvolta riesce dove sembra aver fallito, e lì trova la grandezza che ne ho percepito leggendo questi versi...
Come per la scorsa puntata, dedicata a Zanzotto, si dilazionerà in tre parti la lettura di Tu sei come una terra, Anche tu sei collina, Sei la terra e la morte. Questa breve presentazione valga per tutte.

Prima di dare spazio a ciò che conta, ossia i versi, voglio annotare un mio disagio di lettura, che ha riguardato anche questa puntata, ma che già precedentemente aveva determinato delle scelte: infatti, malgrado (facendo anche chilometri a piedi tra colli e boschetti) io ricerchi lande isolate ove rifugiarmi per i silenzi o dolci rumorii della natura, che sono necessari alla lettura di buona parte delle poesie che scelgo, vi trovo, anche nei più remoti loci, desolanti rumori di ruggenti motociclette o di cancerose macchine agricole... Per rispetto di Pavese, qui, ometto la registrazione commentata di tali rumori; ma ci tenevo a ricordare quali disagi vi siano anche alla riproduzione orale, per quanto modesta-mesta sia la mia, della poesia, in un mondo (o, meglio, in un paesaggio umano) che sembra fare a botte con essa.



 Un pericoloso ma fascinoso anfratto dei "miei" colli, luogo di una delle registrazioni

mercoledì 25 aprile 2012

AUDIOVERSI (IV c) - "Altro 25 aprile" di Andrea Zanzotto

di Paolo Steffan

La terza parte della IV puntata di Audioversi dedicata a Zanzotto, considera – oggi 25 aprile – uno dei testi che il poeta ha dedicato a questa data. L'esperienza antifascista della famiglia Zanzotto, specie per il ruolo avuto dal padre Giovanni a Pieve di Soligo, è nota e più volte espressa da Andrea nelle sue interviste; per quanto riguarda la poesia, soffermandoci anche solo su Conglomerati, le riflessioni non sempre ottimistiche poi, come si capirà anche da questo Altro 25 aprile – intorno alla memoria partigiana occupano una importantissima fetta della raccolta: almeno tutta la sezione Tempo di roghi (pp. 39-52) dove mi pare che, tra alzaimer, pestilenze delle menti e focolari alla maniera di Fahrenheit 451, si stia dicendo che tutto quanto sta andando in malora, tra revisionismi e dimenticanze. Tempo di roghi è infatti anche la sezione dei "pipistrelli dell'informazione", degli "scheletri", del "cumulo di membra sparse [...] apocaliptato", e infine di un "De senectute" dove un "tempo, usuraio atroce" chiede interessi "spropositati" e "esponenziali, demenziali"...

Ciò malgrado, buon ascolto, al grido di ALLORA, ORA E SEMPRE RESISTENZA!

 25 aprile. Scatto che ho fatto l'anno scorso ai Partigiani dell'Anpi di Vittorio Veneto

venerdì 20 aprile 2012

AUDIOVERSI (IV b) - "Acque alte" di Andrea Zanzotto

di Paolo Steffan

Come seconda parte della IV puntata degli Audioversi dedicata all'ultima raccolta di Zanzotto, ho letto una poesia senza titolo contenuta nella sottosezione della sezione Fu Marghera (?). Un testo dov'è tratteggiata una Venezia-donna invecchiata e un po' grottesca, oscillante di "acque alte" e "acque basse", quasi – se mi si può concedere la definizione – lagunarmente claudicante, come altra faccia di quella Marghera che annerisce le pagine precedenti di Conglomerati, e che forse è parzialmente responsabile di questo azzoppamento.


Per ultima cosa, prima di lasciare spazio all'ascolto: quello di Zanzotto con la laguna di Venezia è un rapporto lungo, che interessa molte poesie (in particolare quelle di Filò del 1976) e alcuni racconti; tra tutti, di grande bellezza, voglio ricordare Venezia, forse, prosa del '76, attualmente contenuta nel Meridiano Poesie e prose scelte (Mondadori 1999, pp. 1051-1066), dove Venezia è un «forse», avverbio che in sé ha per l'uso che lì se ne fa – proprio l'idea del «traballare»: insomma una città in continuo movimento, che affoga e sta anche a galla, una città-forse «in moto alterno»...

Le «gambe stecchi» di Venezia in un mio recente scatto

domenica 15 aprile 2012

AUDIOVERSI (IV a) - "(1) Addio a Ligonàs" di Andrea Zanzotto

di Paolo Steffan

Questo quarto appuntamento con gli Audioversi, vede protagoniste le poesie di Conglomerati, l'ultimo libro di Andrea Zanzotto, a sei mesi dalla scomparsa del grande poeta, avvenuta il 18 ottobre 2011.
Il mio legame con questa poesia è, di fatto, il mio legame con la poesia (per questo stavolta ci ho messo la faccia, oltre che la voce - il colore è invece il grigio, unico colore possibile in queste anse dell'opera zanzottiana). Di (1) Addio a Ligonàs ho detto più di quanto mi fosse lecito dire, ho scritto più di quanto credessi di poter scrivere; da questo testo ho imparato più di quanto potessi imparare, ho (ri)conosciuto tantissimo di me stesso e delle sofferenze del paesaggio che ho parzialmente in comune con Zanzotto (a tal proposito si veda anche la terza puntata degli Audioversi).
Ligonàs era un luogo, una casa in un paesaggio straordinario; oggi Ligonàs è sì una casa, ma in un nonluogo di megamalattie e cementi. Il resto, lascio che ve lo leggiate a breve quando uscirà il mio volumetto Un "giardino di crode disperse". Uno studio di Addio a Ligonàs di Andrea Zanzotto (Aracne 2012), dove tra testi critici e foto vi è una discreta panoramica della questione poetica e paesaggistica connessa a Ligonàs.

***

Per questa quarta scadenza, non si tratterà di una sola lettura, ma - data la grandezza del poeta in questione - di tre puntate, con altre letture da Conglomerati, in uscita nei prossimi giorni.
Il tutto dedicato alla memoria di Zanzotto, con l'augurio che lo si legga sempre più, perché è un universo di bellezze... è l'universo, è la bellezza: il resto - permettetemelo - non conta...




Zona industriale di Ligonàs con luna

venerdì 30 marzo 2012

AUDIOVERSI (III) - "Paese da odiare" di Paolo Steffan

di Paolo Steffan

Oggi la mia rubrica è oggetto di uno sfregio: avevo scelto una bellissima lettura di Pavese, ma poi mi è intervenuta una diversa necessità, forse troppo guidata dall'emotività, ma causata da lunghe sofferenze per il luogo amato che è andato perdendo di senso negli anni, sempre più, fino alla sempre più ripetitiva e prodotta perdita di senso, di cui è vittima un mondo ben più ampio del mio; per questo, rimando Pavese ad una prossima puntata, ma per questa volta faccio degli Audioversi un mio personale strumento, per la lettura della mia piccola ultima composizione, venutami dall'ennesimo contatto con una terra che mi fu cara, e con un suo esaltatore della propria ignobile PROPRIETA' PRIVATA del paesaggio. Per questa volta - per portare oltre lo sfregio di questa bisettimanale rubrica - pubblicherò anche il testo del brano letto.


paese da odiare


paese, paese mio
non ho mai odiato nessuno
quanto te, sul quale
avevo riversato tutto
il mio amore:

tutto

tutto

tutto

tutto

tutto

TUTTO

tutto

TUTTO

ptù
ptù


(dedicato a Castello Roganzuolo, il luogo che più amavo, 29 marzo 2011)



Nota alla rubrica Audioversi:
preannuncio che tra 2 settimane leggerò Andrea Zanzotto, a sei mesi dalla sua scomparsa. Pavese è rimandato a fine aprile. E grazie per l'ascolto.

sabato 17 marzo 2012

AUDIOVERSI (II) - "Pro salute nervorum" di Luca Canali

di Paolo Steffan

La seconda poesia di Audioversi è di Luca Canali, nato a Roma nel '25 ed esperto latinista.
Rispetto a quanto letto 15 giorni fa, qui ci troviamo agli antipodi, ma godo molto di questi salti di stile d'argomento ec. e, proprio godendo di questi salti, non posso che voler bene all'unico libro di Canali che conosco, titolato Zapping e pubblicato nel '93: infatti esso è uno "zapping" nei saperi e negli schifi della seconda metà del XX secolo, dalle bruttezze della crisi dell'Occidente agli splendori dei classici (Zapping si conclude con traduzioni da Lucrezio Catullo Orazio e Giovenale), con un'attenzione - si potrebbe dire - lucreziana agli animali (con le loro "vite magiche e semplici", come recita il risvolto del libro).
Farmacopea, piccola sezione (10 testi) da cui ho tratto Pro salute nervorum, è fatta di elenchi di nomi di Bacteria e di poesie che, come quella letta, si compongono di un inevitabilmente ironizzato gergo iper-farmaceutico e medico, talvolta più da bugiardino o da reclame di medicinali, od anche, nel caso di Pro salute nervorum, - se guardo nella mia esperienza passata di studente - d'inutile manuale scolastico ricco di nozioni da dimenticare.
Ma attenzione: non si farà in tempo ad imparare a pronunziare i nomi tecnici dei glicolipidi o dei farmaci, che lo "zapping", in una nuova sezione, ci porterà fra pagine di giornali di bassa cronaca e affini...
Per non smentire i detti salti di stile e registro, come sottofondo alla discutibile lettura l'indiscutibile Bill Evans Trio 64.




dal mio vecchio Ritratto di lei scomposto e policromo,
presente come sfondo nel video

venerdì 9 marzo 2012

AUDIOVERSI (I) - "Débol l’é 'l parfun” di Luciano Cecchinel

Ad autogiustificazione
Mi è stato chiesto da coloro che in questo spazio mi hanno invitato, di continuare qui la rubrica Audioversi che avevo fondato nel mio blog (che ho da poco chiuso per sempre, dirottando solo qui la mia attività in rete): http://steffanpaulus.wordpress.com/category/audioversi/ . La detta rubrica si intitolava, in completo, "Audioversi. Alcuni dei versi più belli della poesia contemporanea, letti dalla modesta-mesta voce di un lettore qualsiasi", cioè la mia; insomma, donare alla rete poesie spesso assenti in essa, attraverso una lettura senza pretese - per così dire - "attoriali", ma per come le leggerebbe un lettore qualsiasi, come io sono. Ho visto poi, con sorpresa, che il termine "audioversi" era anche mio neologismo in rete, da ciò la inaspettata originalità di questa rubrica.
Ogni lettura è preceduta da un breve inquadramento/commento a quanto si ascolterà. Ultima annotazione: la rubrica sarà presumibilmente mensile. Grazie anticipatamente a chi leggerà-ascolterà.
Débol l'é 'l parfun di Luciano Cecchinel

di Paolo Steffan

La prima lettura dei miei Audioversi è di una poesia delicatamente sofferta e cesellata con suoni e immagini di straordinariamente efficace brevità, di una gelida durezza tipica di tutta la poesia dialettale del miglior Cecchinel, eppure anche di qualche luminosa dolcezza. Débol l’é ‘l parfun, da Al tràgol jért, l’insuperabile capolavoro del poeta di Revine-Lago (a questo centro abitato si riferisce l'immagine sotto riportata, mentre nel video v'è un'inquadratura di Fratta, altro paese della Vallata di Revine-Lago).
Sono onorato – causa la mia collocazione geografica e linguistica – di poter tentare, pur non senza difficoltà, un – modesto e mai troppo riuscito – tentativo di far sentire, a chi non li sa immaginare e scandire, i suoni di questa lingua specialissima che è cifra estrema dell’estremo poetare di Luciano Cecchinel, poeta (e uomo) tra i più apprezzabili della nostra contemporaneità, credo a livello europeo quanto meno. Il poeta stesso, sentita una mia prima lettura di questo testo, mi aveva evidenziato un difetto di pronuncia: infatti il lambacismo (ossia la pronuncia difettosa del suono “L”), fenomeno attivo in molti dialetti trevigiani di sinistra-Piave, compreso quello di chi legge, è assente nelle lingue della Vallata di Revine-Lago, dove il suono “L” è pieno; di conseguenza ho riletto, e qui se ne ha l'esito. Non credo di aver reso neppure ancora la perfezione della “L”, causa la mia ribelle ‘pronuncia-madre’, ma chi ascolta sappia che ho fatto del mio meglio, anche perché, di fronte alla produzione dialettale di Cecchinel, va messo in gioco tutto il proprio impegno, nulla essendo scontato e facile nella sua opera; senz’altro è, però, bello, e meglio di tutti ce lo ricorda il da poco scomparso Andrea Zanzotto, nella sua postfazione al Tràgol jért (Vanni Scheiwiller, Milano 1998, pp. 167-186).