sabato 9 giugno 2012
La fine del mondo in venti secondi, di Roberto Pazzi
lunedì 19 marzo 2012
"Il miliardesimo maratoneta" (Edizioni del Calatino, 2011): recensione dell'ultima raccolta in versi di Giuseppe Samperi
La poesia di Samperi si sviluppa in modo lineare, priva di sorprese che accechino il lettore per contrasto, bensì raggiungendo apici di intensità emotiva che diventano solidi, come fossero cera, linfa sudata di una candela. Per il poeta è una questione di passione; che sia amore tra uomo e donna, legame familiare – paterno o filiale – oppure bisogno di scrivere, non importa: è una motivazione che dà slancio, che «pulsa […] / e prepari il piede / sulla linea» (pag. 87).
giovedì 23 febbraio 2012
Gabriel Del Sarto - "Sul vuoto", Transeuropa, 2011
Il vuoto è la figura dello spavento, ma anche, se volessimo cambiare punto di vista, è la figura del sollievo. Nulla di cui preoccuparci, nulla di cui darci pensiero. Niente, vuoto e basta.
Eppure, se il vuoto è stato per secoli nel pensiero occidentale un sinonimo di impossibile – prima della smentita empirica del principio dell'horror vacui –, viene il sospetto che forse davvero le cose si muovano sottotraccia come a colmare ogni possibile luogo a rischio... di vuoto.
Gabriel Del Sarto sceglie il titolo Sul vuoto per il suo ultimo lavoro uscito da Transeuropa – e vale la pena di chiedersi sulla soglia se ci troviamo di fronte ad un trattato "a proposito di" o in bilico su un nulla che terrorizza. Un libro di poesie che si presenta in un apparente abito cerebrale, per aprirsi poi in una moltitudine di dati sensoriali sottili, odori, sensazioni tattili, colori. Ecco, i colori. Ce ne sono parecchi in Sul vuoto, molti più di quanti ce ne potremmo aspettare da un titolo del genere: il grigio del cemento e dell'asfalto è un motivo dominante, ma certi verdi e azzurri di acqua e cielo non passano inosservati.
Libro crepuscolare – meglio, di crepuscoli – e notturno quello di Del Sarto, e non solo perché tante delle poesie sono ambientate in momenti che seguono il tramonto, ma anche per una certa aria di ritorno ansioso a casa, il luogo dove le monadi sganciate nel vuoto ritrovano una parziale, momentanea unità, specie a contatto con gli affetti. Se in apertura del volume troviamo una citazione emersoniana sull'esistenza della biografia contro l'inesistenza della storia, Sul vuoto è effettivamente la messa in versi di una biografia minima e sensibile, sempre discreta nell'evitare l'autocelebrazione quanto aperta alle domande sul proprio esistere.
Si tratta di un viaggio «estremamente concreto [...] la narrazione di un’esperienza simile a quella che molti, fra coloro che vivono nelle aree urbanizzate del mondo, fanno: ci muoviamo dentro folle come in un flusso, aspiriamo a spicchi di vita sensata, gesti che abbiano un nome. Cerchiamo consolazioni: religioni, amori, idee, oppure conflitti e violenza[1]», come affermato dall'autore in un'intervista. Un viaggio che, come in ogni romanzo o film di strada, si scandisce attraverso epifanie; un viaggio fino in fondo alla notte, per parafrasare un celebre titolo, una notte attraversata tutta d'un fiato, passando nelle periferie urbane così spesso utilizzate come materiale artistico, ma raramente così "osservate", un viaggio che riconcilia con la grazia dell'esistere, dell'esserci come autorivelazione, come respiro finalmente abbastanza profondo da riempire per bene i polmoni. Un esistere e un esserci che non nega gli oggetti di una quotidianità fatta di consumi e cose fatte per occupare le mani, ma che via via seleziona e destruttura questi oggetti, inserendo nel proprio habitat finalmente arieggiato e di nuovo in grado di ricevere la luce, solo ciò che è necessario. Perché è proprio la luce, quella luce dapprima fioca ed elettrica ben esemplificata dalle finestre che punteggiano la altrimenti scurissima immagine di copertina, ciò di cui si va in cerca, ciò che si intuisce al fondo del passaggio sin dal principio del libro; è la luce che benedice di nuovo le esistenze con la carica vitale che sa donare, è la luce che restituisce un assaggio di splendore anche alle più chiuse delle abitazioni e delle interiorità. È la luce che riempie il vuoto e rimette in moto la materia, che quel vuoto va a rimepire.
martedì 21 febbraio 2012
Roberta De Monticelli, “La Questione Morale” - Raffaello Cortina Editore, 2010.
“Corruzione a tutti livelli della vita economica, civile e politica, la pratica endemica degli scambi di favori, lo sfruttamento di risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati, la diffusa mafiosità dei comportamenti. E una sorprendente maggioranza di italiani che approva e nutre questa impresa.”
Come possa l'Italia, sulla scia di una via di decadenza intrapresa generalmente dal mondo occidentale nel suo complesso, essere inciampata e caduta nella situazione in cui attualmente si trova, è ciò che si chiede la prof. Roberta de Monticelli, docente di Filosofia della Persona all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Con raro acume, uno stile impeccabile e chiaro, la De Monticelli ripercorre alcuni eventi della nostra storia di italiani in particolare, ma anche di europei, che hanno influenzato il nostro modo di “essere un popolo incompiuto”, come lei stessa ci definisce, dei “mancati cittadini” che per qualche motivo illustrato attarverso gli scritti di illuminati scrittori quali Guicciardini o Machiavelli, ma anche attraverso le ricerche di Kant o Nietzsche, sono in qualche modo rimasti “sudditi”, senza rendersene propriamente conto. Questa mancata “crescita” affonda le proprie ragioni e le propri origini nel nostro meraviglioso Rinascimento, nella nostra storia, ma anche nelle coscienze umane in qualche modo portate per loro natura a scegliere ciò che è più accessibile, più facile, più immediato.
Il rimedio? “Difendere la Serietà della nostra esperienza morale, smentendo la convinzione che non esistono verità o falsità in materia di giudizio” e che tutti hanno una loro verità. La politica, intesa come scienza della comunità delle relazioni di un intero popolo, deve tornare ad essere usata per rispondere alla domanda: “che cosa devo fare?” e dovrebbe certamente riprendere la “via di Socrate” e imparare a trovare le proprie risposte sulla base della vita e della giustizia, meno nell'uniformarsi al giudizio altrui o del più potente tra noi.
Dario Deserri
http://www.ibs.it/code/9788860303691/de-monticelli-roberta/questione-morale.html
mercoledì 2 novembre 2011
Bei Dao "Speranza Fredda" Ed. Einaudi
Il cinese Bei Dao è in grado di esprimere una
poeticità di annullamento e morte priva però di qualsivoglia retorica
nichilista. Le poesie raccolte in Speranza Fredda scandagliano le distanze dell’esistere e le prigioni dell’esserci – veramente fuori dal comune la vis emotiva controllata e silenziosa con cui Dao scrive.
Luciano Gallino "La scomparsa dell’Italia industriale" Ed. Einaudi
“Politici e manager senza visione del futuro hanno
trasformato l’Italia in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre
una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro
e di conoscenza”. In un intenso e breve saggio il sociologo Gallino ripercorre
e analizza la storia dell’industria italiana del XX secolo. Testo
sociologicamente e politicamente illuminante. Davvero divertente la parte (pag.
96 e seguenti) in cui viene dimostrata la stupidità e inadeguatezza delle
richieste “riformiste” più volte gridate dalla Confindustria italiana.
Yves Bonnefoy "Seguendo un fuoco" Ed. Crocetti
Yves Bonnefoy "Seguendo un fuoco" Ed. Crocetti pag. 250
Un’interessante opera antologica, comprendente testi
scritti tra il 1951 e il 2001, di quello che è considerato essere il più grande
poeta francese vivente. La complessa produzione creativa di Bonnefoy tocca temi
metafisico-mistico-arcadici di una essenzialità dai tratti zen.
domenica 23 ottobre 2011
L'Italia del Secondo Novecento nella sua veste spietata

Francesca Marciano, Casa rossa, Longanesi 2003, p. 387, Euro 8,60
La saga famigliare di Alina Strada si snoda attorno ad una casa, Casa Rossa appunto, che dà il titolo al romanzo e si trova idealmente nella campagna leccese. Una storia, quella narrata da Francesca Marciano, che abbraccia tre generazioni come nel film di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù (2003), lungometraggio che entra nelle pieghe della storia del nostro Secondo Novecento, dove i nodi vanno a perdersi tra politica, violenza, ideologie. L’ambientazione tutta nostrana e soprattutto i legami famigliari privati messi in primo piano legano entrambe le vicende, in una scrittura per immagini dal ritmo incalzante (Marciano lavora per il cinema e si sente), che unisce fatti sanguigni e sentimenti, che unisce delle vite, in un'unica sostanza.
http://www.scrittoriperunanno.rai.it/scrittori.asp?currentId=29
[se vi piace, potrebbe piacervi anche: Francesca D'Aloja, Il sogno cattivo, Mondadori 2007)
lunedì 26 settembre 2011
Un classico postumo

Italo Calvino, Eremita a Parigi, Milano, Mondadori, 1995
Sprovincializzare l’Italia agli occhi dell’Europa è un’operazione coraggiosa, anche per un grande scrittore come Italo Calvino. Un saggio postumo, questo, che raccoglie tra le ultime pagine dell’autore esule volontario in una città che ha amato molto: Eremita a Parigi è una summa di riflessioni sulla poetica e su quel nostro presente che, nelle parole di un classico come lui, risulta sempre attuale. Magnifico il “Diario americano” a cui è lasciato ampio spazio, una lettura acuta e appassionata, dalle metropoli alla provincia: si leggano le pagine sulla beat generation e l'analisi di quel vuoto esistenziale. Ma l'America è anche il jazz, ed è da segnalare il recente e apprezzato progetto Lezioni Americane - Calvino, New York e il Jazz di Elena Camerin e Nicola Fazzini ispirato alle opere dello scrittore italiano: www.myspace.com/lezioniamericane.
domenica 12 giugno 2011
Folle, folle, folle d'amore per te - Alda Merini Ed. Salani
venerdì 3 giugno 2011
Roland Barthes
martedì 31 maggio 2011
Luciano Gallino "La scomparsa dell'Italia industriale" Ed. Einaudi
“Politici e manager senza visione del futuro hanno
trasformato l’Italia in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre
una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro
e di conoscenza”. In un intenso e breve saggio il sociologo Gallino ripercorre
e analizza la storia dell’industria italiana del XX secolo. Testo
sociologicamente e politicamente illuminante. Davvero divertente la parte (pag.
96 e seguenti) in cui viene dimostrata la stupidità e inadeguatezza delle
richieste “riformiste” più volte gridate dalla Confindustria italiana.