sabato 9 giugno 2012

La fine del mondo in venti secondi, di Roberto Pazzi


Domenica 20 maggio, poco prima dell'alba.


Foto di Licia Vignotto


Estote parati, sicut fur in nocte ita veniet … Siate pronti come un ladro verrò nella notte … La frase del Vangelo non mi è venuta subito in mente, perché in quei pochi infiniti secondi - venti, che non terminavano mai mentre la casa sobbalzava al quarto piano nel cuore di Ferrara e i miei libri rovinavano dalle scansie insieme agli oggetti … - non si pensa niente. Ma è tornata ad ammonirmi dopo, circa un’ora dopo, mentre accorso da mia madre anziana, da mia sorella e da mio nipote per portarli in salvo da nuove scosse, correvo in automobile, fuggiasco dal Potere dei poteri, quello della Natura. Sì, il Vangelo dettava questa similitudine della morte, che come un ladro verrà nella notte, e dovremo perciò stare pronti, preparati … Ma come si possa esserlo, mentre si dorme nel proprio letto, nella propria casa, nella notte placida di una primavera tardiva, ma serena, resta un mistero, un proposito eroico, più a misura di déi che di uomini. E mentre vagavo per le vie con mio nipote, più tardi, in mezzo ai miei compagni di terrore, guardavo la mia Ferrara, il suo bel volto impreziosito dall'Arte e dalla Storia, già deturpato da alcune ferite. Una soprattutto fa davvero male al cuore per chi è vissuto all'ombra di quel Castello: la lanterna della Torre dei Leoni, nel Castello Estense, sventrata, col cielo che si vedeva nello squarcio, cadute due pareti. Così alta sulla città quella rovina incombeva come un orribile monito, uno specchio in cui era troppo triste guardarsi.

Un simbolo terribile di quello che la gente avvertiva in silenzio, guardando in alto, immobile, col naso per aria di quello che si è rischiato tutti, la notte del 20 maggio 2012 che non dimenticheremo più, a Ferrara e nell'Emilia, la terra che non era mai stata dichiarata di elevato rischio sismico. La memoria storica però ci tiene avvertiti. Nel 1570 Ferrara fu funestata da un terribile terremoto, che col suo sciame sismico si prolungò mesi … con molti morti e molte distruzioni di case e monumenti. Perché rimuovere quest’ombra sul nostro presente ? Tutte considerazioni che si accavallavano fra i pensieri mentre con mio nipote di sedici anni vagavo per le vie del centro, a controllare lo stato della mia città, sentendomi un custode della sua integrità, così come di quella di mia madre, che a 87 anni ricorda benissimo il terremoto del 1928, in Liguria, ad Ameglia che costrinse per giorni a dormire sull'aia, all'aperto e per i bambini mutava il terrore degli adulti in una festa.

Il terremoto sconvolgendo le abitudini restituiva alla vita una fratellanza, una vicinanza, un sentimento di comunione che è ignoto nei giorni normali anche ai miei ferraresi, a parte i giorni in cui un altro pericolo di morte, li sfiora, quello di essere sommersi dalla piena del Po. Perché «ogni estremo di male un bene annuncia», diceva Saba. E in virtù di questo pensiero della nostra fragilità che spazza via tutto l’inautentico della nostra quotidianità, sentivo i miei concittadini riuniti in quella ‘social catena’ di leopardiana memoria che restituisce la dolcezza del vivere tutti insieme, nuovamente fratelli d’Italia.

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