Parlare di poesia e soprattutto di poesie è un gioco che troppo spesso rimane chiuso in quelle quattro mura di proprietà di alcuni eletti che hanno creato un vocabolario intorno ad esse.(Matteo Chiavarone, dalla prefazione a Permanenze lontane, opera prima di Maurizio Landini, Edizioni della sera 2011, qui una recensione)
Ti
ho portato
dall'orefice
perché
non
camminavi:
eri
il tempo che svirgola
come
la palla calciata male;
eri
mia sorella quando
aveva
poco più di vent'anni
e
sembrava sempre uguale;
gli
stessi muri da piccolo con
i
pali e le traverse disegnate;
tutto
era miniato adesso in te
senza
carica né virgole:
punti
solo, a e da capo.
*
Incerata
Oggi
eri
senza la spalla
nuda.
Io
non
avevo il cerone bianco:
ero
proprio bianco.
La
mia carezza solo
non
era bianca ché
nuda
non
era la tua spalla.
*
Resi
urti
Questa
estate
ci
siamo abbandonati
lungo
le strade e tu
non
lo sai o non lo ricordi;
siamo
più resistenti
agli
urti come le Audi e
resi
urti agli occhi avidi
come
i ventri piatti
delle
adolescenti.
Nota dell'autore: il tempo rimpicciolisce le cose, forse perché il passato possa entrare meglio, tutto, dentro di noi… Non è il tempo per una carezza sulla pelle bianca; non è il tempo di scoprirsi. Algido è il candore, nient’altro che un trucco. Coriaceo è l’abbandonarsi inconsapevole e incosciente al passato, resistente agli occhi avidi del divenire.
Maurizio
Landini (Ancona, 1972) ha
pubblicato la sua prima silloge, Permanenze
lontane, nel 2011, per
Edizioni della Sera. L’anno dopo è uscita la plaquette Esacerbo
in e-book (Maldoror Press); di
prossima uscita la plaquette Lo
zinco (Marco Saya Edizioni). È
creatore e curatore del progetto di poesia e immagine Versigrafìe
(http://cartigliodombra.blogspot.it/)
blog:
http://mauriziolandini.blogspot.it/
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