lunedì 10 settembre 2012

Erminio Alberti ― tre inediti


IL MESSAGGIO



Avrei voluto dirti tutto questo
avrei voluto
di persona
ad un tavolo di un bar, magari in centro;
più in là
fischi di cortei misti,
macchine in colonna,
lontane ormai da noi.
Ricordi?
Ritorni dopo tempo, un fantasma artificiale,
quasi un alibi d’autore (la donna volpe di Montale) –  –

Ed io vorrei comunicare
tutto questo, io vorrei
a te ridare questa fiamma,
questo fuoco primordiale da tenere sempre vivo,
se magari a parole,
coi miei gesti
con gli sguardi […]
riuscirei a comunicarti
tutto questo






(leggi tra le righe
leggi quello che non sta nelle parole;
lascia stare il cameriere,
le tazzine tintinnanti,
i dialoghi dei viandanti;
lascia perdere:
perditi)





*  *  *





Il pianto, il disperare,
per poi tornare all'immenso
nutrirsi di vita — clamore e frastuono

/Clamore e frastuono ovattati
in questo macina-giorni
di stanza imbottita/
Il pianto, il disperare:
è come lanciare un richiamo
da una stanza imbottita
al clamore e frastuono dei giorni.


cammina e si scontra la gente
non ne resta niente
di questo continuo incrociare
destini, causali d'enormi sistemi variabili — —
- eppure, io so che vedendoti
grande assoluto dogma/parola
potremmo tremare tutti
ad ogni contatto di foglia o passo di gatto:

allora il piangere forte
dentro le stanze
verrebbe a formare preghiera,
il canto ancestrale

/e la solitudine benzina forte
a invocazioni disperate/




— Vieni bambino, non c'è la mamma;
ecco per te una grande coperta.
Senti il profumo di latte e biscotti?
Va tutto bene.
Metto un cartone, vuoi Fantasia,
il Re Leone?
Non disperare, ti abituerai.

Ti nutrirai il petto
di sensazioni del mondo.
Amerai il sole, piangerai il mare [...]
 

— ditegli che non è solo, gridate!
se superasse il suono le mura
sarebbe salvo, redento!
Avrebbe spavento, sarebbe un abbraccio
e poi la visione (?)


(Poesia ti chiamano tale
ché scuoti e fai piangere)
si muta il male
in meraviglia di vivere: —



Fu che quand'era bambino,
anche allora era solo.
Solo, anima e corpo:
vera solitudine fatta carne.


Crebbe e conobbe più mondo,
ma era cosa a sé stante,
la casa, il suo és /
le cose di fuori.


Passarono anni e anni
prima che intravedesse
il mondo dai suoi occhi bambini.
Ma cosa vedeva cos'era?


Fu un giorno che scosso
si accorse della meraviglia
                           — commosso —
non fonte di luce
ma vita vissuta
parole gesti persone
— Parola poesia rinvenuta —
in conversazioni di sensazioni
e il filo del comunicare dalle solitudini
fu compagnia.
Tramonti acqua mare
girare
       il mondo
dire donna mia
come a ringraziare Dio
andare via
          tornare
imparare.



Accettare un giorno di morire.




*  *  *





POST APOCALISSE


E ora che la polvere brezza di rovine ci passa
io mi chiedo
di essere più duro, farmi scoglio
e contrastare i marosi
per il mio amore di uomo
sparso in terra, arso in petto
e scritto a penna,
per i rimorsi e le ferite che mi sono ancora linfa,

per poter incalzare il cappello
un giorno,
e girarmi e andare via
da qualcosa.









Erminio Alberti, classe 1987, vive e studia a Catania. Si interessa di musica, cinema e letteratura, e ha realizzato alcuni spettacoli di musica e poesia all'interno di eventi svolti presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Catania. Nel 2012 ha diretto, scritto e interpretato, insieme al collettivo “Band Sans Art”, il cortometraggio “Nel nome del Madre”.
Di prossima pubblicazione la sua prima raccolta di poesie.



1 commento:

  1. Amo molto questi versi, per il loro respiro arioso, la sperimentazione sintattica semplice ma efficace che non scade nei vizi dell'avanguardia e conserva un lirismo intatto - quotidiano, quasi-narrativo, eppure mai pateticamente intimistico.

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