lunedì 24 settembre 2012

Chiederci la parola


foto di Guido Gaudioso


Due poesie da Il potere dei giocattoli (Sentieri Meridiani 2012) di Riccardo Raimondo, prefazione di Sebastiano T. Aglieco, a cura di Daniele Maria Pegorari







Ascolta tu pure: è il Verbo stesso che ti grida di tornare.
(S.Agostino, Confessioni)


La Parola

Non lasciare che l'amore per l'imprevisto
ti distolga dalla Ragione.
Sii come il bimbo che vaga per la campagna
nella speranza di scoprire
un nuovo colore di lucertola.
Conserva lo stupore del mistero,
ma la Parola,
ti prego,
non perderla.







Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
(Eugenio Montale, da Non chiederci la Parola...)



Chiederci la parola

I.
Voi che ci aspettate sull'orlo della fine,
chiedete, chiedere pure...
Possiamo raccontarvi della sacralità dei monti
e delle tempeste, i loro furori profani.
Possiamo dirci pazzi, se lo abbiamo conquistato.
Possiamo, con il groppo in gola, amaro il cuore,
far naufragare fino alla meta
l'Idea
incapsulata nella carne,
carezzata tra le mani,
al sicuro dalle urla.

Cavalchiamo i miraggi del tempo che balena
e genera
arcobaleni di falene.
Molte sono
nate morte
come i desideri senz'amore,
senza la lena dell'ardire.

Siamo i falchi alti levati:
l'ali mitiche scrosciano sui venti.
E siamo magnifiche sirene che scrutano l'abisso
con le code come sonde.
Siamo il potere che fonde tutti gli elementi.

Voi che ci aspettate sulla soglia,
morti camminanti, ululanti,
voi che rumate tra campi di rumore,
voi, maîtres à penser della domenica,
soldatini del buonumore,
passionari del benpensare,
voi, obesi d'informazioni,
chiedete, chiedete pure,
e seguite soltanto l'intuizione.

Le vostre ironie mondane
da iene,
le vostre marionette oscene,
i vostri forse, i maimai
mai potranno impedirci di raccontare
ciò che siamo
ciò che desideriamo.

Vogliamo governare le saette dell'Idea
scaraventate
che dal cielo squarciano i contorni della forma,
dove l' anime spesso stanno imprigionate.
Vogliamo scrutare l'Uomo
e poi l'occhio del cosmo,
calarci nei pulsar del mistero,
vogliamo
implodere d'un amore eterno
profano come l'urlo del lupo,
puro, sacro
coma la prima lacrima.
Vogliamo rifare l'Uomo
che ha fallito miseramente
nella mente intrappolato,
relativo
solo
taciuto
come il muco d'uno starnuto
trattenuto.

Vogliamo urlare l'Uomo, la sua magia.
Siamo le aquile reali che voleranno a stormi
sulla malinconia dei vostri rancori.
Nella noia dei vostri giorni
saremo i rumori più sottili
sussurrati
dal fondo degli oceani, saremo
i brusii delle foglie croccanti
nei sottoboschi incartocciate
scrocchiate.
E saremo i tuoni più arditi,
i ruggiti d'eterni dinosauri
e i silenzi più foschi.

Siamo favolose eroiche testuggini all'erta.
Ci rivedrete destarci dalle alghe
all'imo lucido d'un quieto baratro di mare,
mentre le vostre mani rapaci
strappano i piccoli alle uova,
sulla strada del ritorno.
Siamo il Giorno
che non volete vedere
– la luce v'agita le palpebre.
Siamo il Regno dell'avvenuto,
gli scettri dell'avvenire.
Siamo il costruttore e siamo il costruito,
siamo l'ordigno eternamente esploso
il motore immobilissimo nel moto.
Scopriamo d'avere il potere
di creare dei mondi,
e siamo quella potenza che tace
sui vostri vagiti immondi.
Amiamo
e abbiamo nelle vertebre
l'emancipazione dalle tenebre.

Siamo sempre noi
che precipitiamo l'Idea sulla terra
come cometa violenta, feroce,
come una guerra di bombardamenti.
Siamo anche quelle luci di sangue,
siamo i kamikaze del sentimento
e la terra umida odorosa di pace
e il cemento.


II.
Siamo Fari accesi su mille cittadelle,
grida ripetute da mille sentinelle
oltre gli stenti delle veglie,
oltre la linea della notte,
attraverso la storia, la solita storia
per consegnare alla morte una goccia di splendore.

Scegliamo solo parole del nostro sangue,
che conserva le memorie più sottili,
i ricordi più remoti d'un altrove,
l'emozione di scoprirsi qui e ora.
Scuotete i vostri spiriti sordi, maltrattati,
scuoteteli, vi dico
nel profondo
lì dove torvi s'affaticano e vinti
rattrappiscono.
E chiedete, chiedete pure.
Sempre questo noi potremo dirvi:
sempre ciò che siamo,
ciò che desideriamo.






Riccardo Raimondo, classe '87. Poeta, narratore, critico. Studia Lettere Moderne.
Da dicembre 2011 è accademico corrispondente presso l'Accademia degli Incolti (Roma). La sua prima raccolta di versi è "Lo Sfasciacarrozze"(A&B 2009). La sua seconda raccolta è "Il potere dei giocattoli" (Sentieri Meridiani 2012, a cura di Daniele Maria Pegorari, prefazione di Sebastiano Aglieco, copertina di Elisa Anfuso).
Ha lavorato con diversi artisti a spettacoli e istallazioni, cercando un continuo dialogo fra la poesia e arti di tradizioni diversissime (la musica acustica ed elettronica, la video-arte, i fumetti, le sculture animate, le marionette, il teatro-poesia, la fotografia), sperimentando sempre nuove strategie della creazione.
Collabora con diverse riviste e webzine nell'ambito della critica d'arte, letteraria e di costume. Per maggiori info: www.riccardoraimondo.com
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