di Paolo Steffan
Propongo qui un raro nucleo recente. Oramai le mie esigenze espressive, se ancora qualche volta al beneficio dell'a-capo riesco ad appendermi, tendono a stabilirsi o, meglio, a sussultare nei terreni sudati della sessualità, come unica vera «insensata ratio» del nostro vivere e cura al male che ne è insito.
In queste aree così buie e private, intime, non può dirsi sufficientemente espressiva la lingua ufficiale, che ha dunque il bisogno estremo - qua e là - di farsi intima, solo di chi scrive, il quale è costretto dunque ad avvalersi di forme non ufficiali, come testimonia qui il verbo-chiave «inumidarsi», venuto così, come si viene, e con tutta la rete di intime e meno intime suggestioni che ne possono - a mio modesto parere - venire.
In queste aree così buie e private, intime, non può dirsi sufficientemente espressiva la lingua ufficiale, che ha dunque il bisogno estremo - qua e là - di farsi intima, solo di chi scrive, il quale è costretto dunque ad avvalersi di forme non ufficiali, come testimonia qui il verbo-chiave «inumidarsi», venuto così, come si viene, e con tutta la rete di intime e meno intime suggestioni che ne possono - a mio modesto parere - venire.
a
C.
nessun
barbaglio. ma più che d'un sole
barbagliante
di sola luce d'occhi
tra
i seni chiari nella pelle scura
ho
smaniato di smania di parole
tue,
sulle mie, tutte ebbre di silenzio
e
di baciarti: labbra, guancia, collo,
e
ancora pelle e denti e naso e mani
e
lingua che ci illumina e ci inumida.
La "mia" bocca (foto di Paolo Steffan)
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