I
anghelos
Che rientri da questa terra
per i segreti delle porte
che quasi mi dormi accanto
è scritto nel rumore della pioggia
nel tremito aguzzo delle acque.
Più dentro è il chiodo di non saperti qui
vederti andare come certe domeniche d’inverno
anche quando è il dono del mondo che ci unisce,
il fondo delle cose a crescerci di neve.
Sul braccio ho l’Orsa minore
La biro azzurra di un fuoco atomico
sulla mappa del braccio,
tu che correggi gli effetti
la tua mano leggera, il permetti:
lo so che ho un piccolo carro lì sopra,
come cose che accadono
e non si parlano.
*
Tu che non arrivi
parti in silenzio
da dove rallenta
elastica l’aria
spaziosa, geograficamente
lampante,
dicono
- e allora è vero -
come i guasti nucleari
ti spargi a migliaia di chilometri
sulle fucine delle strade
che agosto risale
su un filo tremante di laghi
fitte riserve di case e
da lì con te
da lì per spazio
fa come per suonare
lontanissima e variabile
la romanza di Natale.
E t’auguro un viaggio che duri,
la prua diritta
tu che non torni
parti che tutto dorme
e sola t’aspetto mill’anni.
(da “Secondi luce” – LietoColle 2009)
II
I
Dopo il tuo lavoro passi sempre qui,
alto, alto sali tra i muri
scendi latte di montagne
rimpicciolisci per raggiungermi
dalle finestre, dai condotti sublunari.
- Ebbene, che vedi fuori
prima di entrare?
- Saranno anni che gli uccelli
fanno la loro ronda familiare
e le luci muoiono nello stomaco
grande e fumoso dei bar
- Salta il racconto, va’ avanti
- Che due o tre giovani
dalle calze brune hanno
provato a salutare.
- E poi? - dico per spazientirlo -
- E poi finisce che venga
da te per costruire questa stanza
e le risposte e la vita tutta
che ti accendono la forza di sempre,
sempre nascono sul disco del mondo.
IV
- E se si fa sottile il suo corpo
la riviera ci sembra attraverso
non mangia ormai che pane
e origano,
dobbiamo partire
per le stanze bianche
e i corridoi verdacciaio delle sale
per provare a ricongiungerci
nel sangue.
- Così le dici? Dobbiamo partire?
- Ogni tanto succede. O, ogni tanto,
che anche a me fa male qualcosa
cosicché dopo a lei non dice niente di brutto,
tutto ciò, niente di terribile.
È la riprova che il corpo è nostro
e se siamo in due si passa meglio
dal sogno all’esistenza , dall’esistenza
al sogno, nella notte.
VII
Le cose che non iniziano, le cose
che finiscono soltanto e non sono
la fine dell’altro
NICOLA GARDINI
- Le cose che non ci sono vanno pensate
- Va pensata la vita e la scrittura!
- Allora, non ci sono?
- Ci sono quando la mano comincia
a finire. È tutto un salire per gradi.
- Per esempio?
- Finalmente anche la direzione
del sole, alla mattina, si ferma
ben bene sulla tua guancia
- Qual è il significato?
- Che il sole smette di far luce
non c’è, va pensato come
il grano che ti preme in bocca,
che ci fa mangiare.
(da “Dialoghi da Moleskine” in Quattro giovin/astri, Kolibris 2010)
III
*
Dovremmo parlarne con una lingua diversa,
o-c-e-a-n-i-c-a
che lasci filtrare cose grandi e cose piccole
attraverso i cassetti del mondo.
Questa sarebbe la via migliore per tutto il tempo.
Qualcuno dice via, way, noi maniera.
Loro vanno, noi abbiamo il dare da una rete di mani
toglierci qualcosa, aspettare il ritorno,
il contraccambio. È che ci trattiene la mano
tesa, le mani nelle mani. Mano che finisce
e non corre in strada. Mano che finisce per restare.
I singolari sono plurali
[…] di nuovo dicendo anche per le ultime
volte c’è un’ultima volta […]
Samuel Beckett
Sì, tutto con eccesso:
la luce, la vita, il mare!
Plurale tutto, plurale
luci vite e mari.
Pedro Salinas
I singolari sono plurali
dico casa e ne dico mille
perché se guardo fuori da qui
tante ce ne sono,
pulsano da non finire.
Il numero è la convenzione
che ci siamo dati prima di farci
spazio attorno, di vederci andare.
Se parlo al singolare fa meno male
il solo, la solitudine che fuma
di tetto in tetto, unica unità
che ci distingue ombra dalle ombre,
acqua dalle acque.
E a tutta questa storia sembra venire
in più uno straniero che non ti porta
in tasca (perché non ne ha nemmeno
una — se due non ne può avere —)
tu non gli sei neppure famigliare
in una stampa, una fotografia
così come lo sei per me
ma chiama, chiama tutti
con centomila nomi esatti
si esce, così, infine, dalle dimore
e camminiamo in stormi
si prova a fare bene
tutto e forte, tutto al plurale
per una volta tra le altre volte.
Tuttitudine
In sogno lanciavamo in cielo la paura,
“prendila Tu, Padre degli astri
e delle cortine fluorescenti di gas”.
Così Simone il cieco ballò senza
tastare l’universo con le mani
e Zita parlò senza capire.
Stringere le nostre gabbie toraciche
perché tenessero (e, oh sì, tenevano)
l’un l’altro, l’uno all’altra, l’una all’altro
finché non rischiarava il giorno dopo
e la grancassa dell’oceano
non ci accompagnava.
E la mattina dopo aveva la riserva
del dolore di pancia
“Tuttitudine…”, ha detto il medico curante
— il musicista che la notte prima
aveva agganciato il fuoco alle dita,
la sua culla/pancia a quella di una donna
vedova di Solitudine —
“…primo fiore della felicità”.
(da “Tuttitudine” in La generazione entrante – Poeti nati negli Anni Ottanta, Ladolfi editore 2011)
* *
Anna Ruotolo (1985) vive a Maddaloni, in provincia di Caserta. Frequenta la facoltà di Giurisprudenza. Ha vinto premi nazionali ed internazionali (tra gli altri, il “Premio Turoldo” 2009 nella sez. under 25, il concorso “Subway letteratura” 2011, il premio ClanDestino 2011). Suoi testi sono apparsi in varie riviste tra cui “Poesia” di Crocetti, “Capoverso”, “Poeti e Poesia”, “Italian Poetry Review” (anno 2009, num. 4, – Columbia University, The Italian Academy for Advanced Studies in America and Fordham University), nel quotidiano “Il Tempo” e in vari blog e riviste online (Absolute Poetry 2.0, Neobar, L’occhio del pavone, Poetry Wave-Dream, Blanc de ta nuque, Imperfetta ellisse, Poetarum Silva, Transiti Poetici…). Un testo tradotto in spagnolo da Jesús Belotto è pubblicato nel num. 4 della rivista internazionale “Poe +”. Collabora, scrivendo recensioni, con la rivista “Poesia” (Crocetti). È redattrice della rivista mensile MyGeneration dove cura la rubrica “La Strofa sul Sofà”. Dal 2008 al 2010 ha curato e condotto il poetry slam “Su il sipario” in diversi locali casertani. È presente in varie antologie poetiche. Tra le altre si segnalano: “Quattro giovin/astri” (Kolibris, Bologna 2010), “Raccolta di poesie“ (Subway edizioni, Milano 2011), “La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta” (Ladolfi editore, 2011 – a cura di Matteo Fantuzzi e con una prefazione di Maria Grazia Calandrone). “Secondi luce” (LietoColle, Faloppio 2009 – premio “Silvia Raimondo” 2009, Premio Turoldo 2009, Premio Int.le Città di Ostia 2011 —) è la sua opera prima. È in uscita, per i tipi di Raffaelli, il suo ultimo lavoro: “Dei settantaquattro modi di chiamarti”. Gestisce il sito personale www.annaruotolo.it e il blog letterario SpazioPoesia.2 (http://spaziopoe.blogspot.com)
Anna Ruotolo, giovane e folgorante, nonché vincitrice di numerosi e ambiti premi letterari, ha già attirato l'interesse delle Critica nazionale con la sua opera prima di cui consigliamo la lettura, "Secondi luce" (Lietocolle, 2009), perciò non ci è sembrato il caso di aggiungere altre parole.
RispondiEliminaLe immagini che Anna rappresenta sono vivide e incisive, ma, al di là della forza espressiva, uniche.