martedì 3 aprile 2012

Luigi Ballerini, un inedito


Arma virumque canò e femmine abbordabili, au bord de l’eau,
… omotoleuti aux fines herbes… scenate da evitare. O magari
da allestire tenendo in mente l’etimo, sia quello linguistico sia
quello psicologico. Diventa necessario slegarlo se proprio uno
decide di partire da Gerico per Samarìa e un palestinese gli spara
addosso ma non gli strappa gli occhiali postmoderni (non gli occhi
non le ali) di quella memoria che è come il sole di mezzanotte,
un disco a testa in giù. Ma una guerra non può che maciullare
orme di industrie felici, assalti al treno, alla diligenza, telegrafisti
alla Griffith, gente che galoppa su due gambe fino a casa, battendosi
la natica destra con la mano destra per fingersi cavallo e Buffalo Bill



Tra reliquie di rime e endecasillabi - o settenari - fatti a brani, il componimento scoraggia il lettore all'approccio; però la costruzione asindetica dei periodi, che rimanda graficamente alla prosa, è ingannevole: "sotto copertura" c'è una lirica, i cui versi posti sullo stesso piano si fanno riga. E' una sfida mimetica, una provocazione, per la quale le forme della tradizione non debbono contare, bensì il peso etico delle parole.
E' sufficiente lasciarsi trasportare in medias res dalla volontà demistificatoria dell'autore. Immersi in una concezione del sé e della funzione di intellettuale relativa, mutevole e spesso non collocabile in questo tempo matto, che si dimostra - personificato - pericolosamente irresponsabile. La gabbia, anche quando non viene sottolineato, sta sempre nello svago, antidoto esasperato all'eccessivo bisogno di significati mancati, che non hanno retto agli occhi di chi è stato tra i primi a dare la definizione di Postmodernità.
Matteo Bianchi





Luigi Ballerini è nato a Milano nel 1940 e oggi vive a New York dove insegna letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università della California di Los Angeles (UCLA). È il direttore generale di Cum grano salis, una collana di libri dedicati alla gastronomia storica pubblicati dalla Guido Tommasi Editore di Milano. La sua edizione de Gli indomabili di Marinetti è stata pubblicata da Mondadori nel 2000, seguita da quella di Mafarka il Futurista nella primavera del 2003. È stato curatore di mostre di arte contemporanea italiana, tra cui Scrittura visuale in Italia al Finch Museum di New York e alla Galleria civica d’arte moderna Torino (1973) e Spelt from Sybil’s Leaves alla Power Gallery di Sydney (1984). È intervenuto in numerose conferenze: The Disappearing Pheasant I (New York, 1991) e The Disappearing Pheasant II (Los Angeles, UCLA, 1994). Nelle sue pubblicazioni ha più volte collaborato con artisti tra cui Paolo Icaro, Eliseo Mattiacci e Remo Bodei, Angelo Savelli, Marco Gastini. Ha pubblicato raccolte di poesie, antologie di poesia italiana ed americana, testi critici, traduzioni. Ha tradotto in italiano numerosi testi di autori americani tra cui Herman Melville, Henry James, William Carlos Williams, James Baldwin, Kurt Vonnegut. Le sue opere in versi eccetera. È (Guanda, 1972), Che figurato muore (Scheiwiller, 1988), Che oror l’orient con prefazione di Giuseppe Pontiggia (Lubrina, 1991) poesie bilingui, in italiano e in dialetto milanese; nel 1992 ha ricevuto il premio Feronia per la poesia. Ha inoltre pubblicato Il terzo gode con un saggio di Remo Bodei (Marsilio Editori, 1994), Stracci shakespeariani con introduzione di Filippo Bettini (Quasar, 1996) poesie bilingui, in inglese e in italiano, Uscita senza strada con introduzione di Francesco Muzzioli (Edizioni della Battaglia, 2000), Uno monta la luna (Manni, 2001), Cefalonia 43 e altre poesie (Mondadori, 2005), Se il tempo è matto (Mondadori, 2010).





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